Dichiarazione di Istanbul – 12 Luglio 2015
Nel Marzo del 2011, in piena ondata rivoluzionaria che investiva tutta la regione, i lavoratori, giovani e contadini siriani sono scesi in massa per strada per protestare contro il regime di Bashar al-Asad. Tali manifestazioni pacifiche sono state confrontate da una repressione senza freni: uso di munizioni vere, arresti, torture, uccisioni, lancio di barili esplosivi e di armi chimiche contro interi quartieri. A quattro anni dall’inizio della rivoluzione, il popolo ha già pagato un prezzo altissimo per la sua lotta per la libertà: più di 300 mila persone sono state uccise, di cui il 95% dei civili per mano delle forze governative di Asad. Il numero preciso delle persone ferite, arrestate e disperse è ancora ignoto ma si tratterebbe di almeno un milione in totale. Si stima, inoltre, che i detenuti siano più di 200 mila, la maggior parte dei quali dal destino ancora incerto. Migliaia di città e paesi sono stati rasi al suolo e più di 11 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le loro abitazioni, di cui più di quattro milioni hanno cercato asilo oltre frontiera.
Tali cifre sconcertanti dimostrano quanta sofferenza questo regime sanguinario stia infliggendo al proprio popolo, servendosi a tale scopo di tutto l’arsenale di cui dispone. L’unico proposito di Asad è quello di rimanere al potere. Non dimentichiamo che è stato questo stesso regime ad imporre politiche neoliberiste, intensificate in modo particolare durante il governo di Bashar, ai lavoratori, ai giovani e ai contadini. Il fatto che la resistenza contro questa macchina distruttiva, basata sul privilegio di classe e sull’odio settario, stia continuando dimostra, in modo particolare, quanto il popolo siriano sia determinato nella sua lotta; ciò risulta evidente dall’attivismo dei comitati e dei consigli locali, dalle manifestazioni nelle zone liberate e dall’attività costante sui social media. Riconosciamo, a tal proposito, il ruolo cruciale che le donne siriane ricoprono nella resistenza; loro si sono impegnate attivamente nella rivoluzione sin dal primo giorno ed avranno un ruolo chiave nella vita politica della Siria libera e democratica.
Purtroppo, la rivoluzione non ha dovuto affrontare solo le atrocità messe in atto dal regime, ma anche dalle forze reazionarie come Daesh. Quest’ultima è nata come una forza aliena in Siria, con l’obiettivo di distruggere la rivoluzione attraverso i suoi atti criminali ed il suo progetto di instaurare un sedicente Stato islamico. Daesh ha beneficiato dei fondi e delle armi provenienti dall’Arabia Saudita e dal Qatar, con la complicità della Turchia che ha permesso il loro transito nonché il passaggio dei combattenti integralisti. Daesh si è scontrato raramente con il regime, dato che Bashar ha manipolato i fondamentalisti affinché si scagliassero contro la rivoluzione: Asad ha liberato i jihadisiti dalle sue prigioni, riempiendo queste ultime di lavoratori, donne, blogger, giornalisti, rappresentanti della sinistra e attivisti dei diritti umani. In ultimo, lo sviluppo di Daesh è anche il catastrofico risultato dell’operato statunitense nella regione.
Attualmente, la rivoluzione Siriana sta attraversando una fase critica.
Da un punto di vista militare, però, il regime sta battendo in ritirata e controlla solo un terzo del territorio. La sua esistenza dipende, inoltre, dal sostegno logistico dell’Iran, il quale è gradualmente diventato una sorta di forza occupante, con una notevole presenza di generali Iraniani tra le forze armate siriane. Di conseguenza, il conflitto interno all’élite governativa si sta inasprendo.
In qualità di attivisti, intellettuali e organizzazioni internazionaliste di Sinistra, provenienti da Siria, Paesi Arabi, Turchia, Europa, America Latina e Nord America, sosteniamo la lotta sociale e le rivoluzioni di popolo. Dichiariamo, in definitiva, che:
1. Sosteniamo la battaglia eroica del popolo siriano il quale, purtroppo, resta isolato nella sua lotta contro la macchina assassina del regime. Denunciamo il silenzio e la complicità esplicita di gran parte della sinistra internazionale, che sostiene il regime ed è responsabile dell’isolamento in cui verte la popolazione siriana. Tutto ciò contribuisce ad aggravare la condizione di coloro che combattono per la libertà e la giustizia sociale in Siria: è un tradimento che la Storia non dimenticherà!
Riconosciamo, invece, le lezioni impartite dalla lotta e la resistenza popolare: nonostante tutte le difficoltà, le masse popolari siriane continuano a reclamare dignità, lavoro, pane e libertà! Il popolo curdo ha preso parte alla rivoluzione siriana sin dall’inizio, perché i suoi diritti sono stati calpestati allo stesso modo di quelli di tutti i Siriani. Senza dubbio, la vittoria della Rivoluzione Siriana permetterà loro di conquistare i loro diritti legittimi.
2. Condanniamo l’intervento delle potenze, che siano regionali o internazionali, ostili alla Rivoluzione Siriana. Esse sono consapevoli del fatto che il trionfo della Rivoluzione in Siria darebbe nuovo ossigeno alle popolazioni in Medio Oriente, Maghreb e altrove.
L’Iran (assieme ad Hezbollah) e la Russia hanno continuato ad offrire un supporto militare al regime, fondamentale per la sopravvivenza di quest’ultimo. La Turchia ed i Paesi del Golfo (in modo particolare l’Arabia Saudita ed il Qatar) hanno sostenuto le forze fondamentaliste, allo scopo di trasformare il conflitto in una guerra civile settaria affinché potessero controllare il futuro del Paese dopo la caduta del regime. I bombardamenti imperialisti, da parte degli Stati Uniti e dei paesi europei, in Siria e Iraq hanno rafforzato il campo reazionario del regime e dei jihadisti. In parallelo, le stesse potenze imperialiste stanno cercando di dare una nuova credibilità internazionale al regime «di fronte alla minaccia jihadista». Questo favorirebbe gli interessi di Israele, con cui il regime intrattiene stretti legami, perché assicurerebbe «la stabilità nella regione», oltre che la sicurezza dei suoi confini settentrionali nel Golan. A tale proposito, la complicità delle forze del regime con Daesh, nel contrastare la resistenza dei palestinesi di Yarmouk, è stato solo l’ultimo esempio della oggettiva cooperazione tra il regime di Damasco e lo Stato Sionista.
3. Condanniamo Daesh e le altre forze integraliste come Jaysh al-Islam o al-Nusra, che stanno tentando di distruggere, con il loro progetto reazionario e oppressivo, il sogno di libertà della popolazione. Eseguono arresti, sequestri, torture e uccisioni di semplici attivisti, ma anche dei leader del movimento rivoluzionario.
4. Vogliamo sottolineare che nessuna «soluzione politica» che includa il regime può esaudire le richieste delle masse popolari, che si sono mobilizzate per la costituzione di una Siria libera e democratica, basata sulla giustizia sociale. Inoltre, affermiamo con fermezza che spetta esclusivamente a queste stesse masse popolari decidere il futuro della loro lotta.
5. Denunciamo le politiche della «fortezza Europa», che stanno condannando a morte i rifugiati, inclusi i Siriani in fuga dai massacri. Questi esseri umani non hanno altra alternativa che quella di rischiare la propria vita nel Mediterraneo, che è stato trasformato nella più vasta fosse comune mai esistita. Il bivio che i «dannati del mare» si trovano di fronte è di annegare o divenire i nuovi schiavi del XXI secolo, in un continente europeo in crisi.
6. Siamo consapevoli del fatto che la battaglia in Siria sia l’espressione di una richiesta molto più ampia di libertà e giustizia sociale, a livello regionale e internazionale. Fa parte di un’onda rivoluzionaria internazionale scaturita dalla profonda crisi del capitalismo, iniziata nel 2008 e che ha portato gli imperialisti e le classi borghesi a sferrare nuovi violentissimi attacchi contro i lavoratori, i giovani e le fasce povere della popolazione. La lotta contro le conseguenze della crisi del capitalismo, dunque, non è scindibile dalla battaglia contro le dittature nella regione Medio-Orientale. Il futuro della rivoluzione Siriana è legato in modo organico alle lotte popolari in Iraq, Bahrain, Egitto, Tunisia, Libia, Yemen e negli altri Paesi in cui i giovani, gli operai e i contadini sono in rivolta contro l’oppressione e la miseria.
La Rivoluzione Siriana è legata fortemente anche alla lotta che il popolo Palestinese sta combattendo dal 1948 contro l’occupazione; e al di là della regione fa eco, in America Latina e in Europa, ai movimenti di opposizione al neoliberalismo, come ad esempio quello del «No» deciso dei lavoratori e dei giovani in Grecia contro l’austerità e la dittatura del debito.
7. Sosteniamo, infine, i comitati locali, i consigli rivoluzionari e i gruppi umanitari che operano sul campo, e le brigate indipendenti dell’Esercito Siriano Libero che combattono contro il regime e i gruppi fondamentalisti. Appoggiamo, inoltre, la sinistra autentica in Siria perché si rafforzi e possa proteggere e alimentare la rivoluzione, in modo che gli obiettivi originari possano essere raggiunti.
Nell’eventualità di una sconfitta della Rivoluzione Siriana, ciò rappresenterebbe un terribile precedente per tutte le battaglie che si stanno portando avanti nel mondo e comporterebbe un riflusso notevole dell’onda rivoluzionaria internazionale. Invece, la vittoria della Rivoluzione Siriana permette di aprire una nuova prospettiva nella regione e nel mondo intero, e servirà a rafforzare la lotta dei lavoratori e delle masse popolari.
Di conseguenza, nell’immediato futuro tutti noi ci impegniamo a:
I. Confermare il nostro sostegno e organizzare le nostre attività per contribuire a chiarire la realtà della rivoluzione, rafforzare la sua efficacia e fare tutto il possibile affinché trionfi.
II. Diffondere la seguente dichiarazione con tutti i mezzi necessari.
III. Sviluppare una campagna sotto lo slogan «Rompiamo l’assedio posto alla Rivoluzione Siriana!»
– Commemorare il secondo anniversario del massacro della Ghouta, perpetuato il 21 agosto 2013, organizzando delle manifestazioni pubbliche nei Paesi in cui siamo attivi.
– Programmare una settimana di solidarietà internazionale con la Rivoluzione Siriana, dal 5 all’11 ottobre prossimo.
– Creare una pagina Facebook/sito web tramite cui pubblicare, condividere e pubblicizzare materiale e informazioni.
IV. Eleggere un Comitato di Coordinazione che favorirà l’effettivo svolgimento di questa campagna e l’organizzazione delle iniziative future.
I Firmatari:
Salameh Kaileh, Giornalista siro-palestinese e scrittore arabo marxista
Yasser Munif, Attivista siriano, co-fondatore della Campagna Mondiale di Solidarietà con la Rivoluzione Siriana
Mansur Attasi, Partito democratico di Sinistra – Siria
*Si astiene dal riferimento al ruolo della Turchia e dei Paesi del Golfo
Yassin al-Hajj Saleh, Scrittore siriano
Adeed Nassar, Movimento di sinistra – Libano
Johannes Waardenburg, Gruppi di Solidarietà Attiva con i Siriani – Italia
Miguel Sorans, Segretariato Internazionale dell’Unità mondiale dei Lavoratori – Quarta Internazionale (UIT-CI)
Gorkem Duru, Partito della Democrazia Operaia – Turchia
Cristina Mas, Lotta Internazionalista – Stato spagnolo
Raoul Guzman, Gruppo Socialista Internazionalista – Francia
Kosaro. Comitato per la Democrazia Operaia – Germania
Gabriel Huland, Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale (LIT-CI)
Shady Ammane, Collettivo Gelsomino – Svizzera
Fathi Salaoui, Lega operaia di Sinistra – Tunisia
Fayez Elemare,, Federazione indipendente dei comitati operei – Palestina/Gaza
فايز العمري: اتحاد اللجان العمالية المستقلة – فلسطين